Latte e latticini, settima tappa: in quanto concentrati di grassi e sale espongono alle patologie cardiovascolari

Butter Curls

Come stiamo scoprendo in questo viaggio tra le ragioni del No, latte e latticini hanno molto da farsi perdonare, a tanti livelli. Ma, paradossalmente, in un mondo ideale non sarebbero accusati di condurre alle famigerate malattie cardiovascolari.  Infatti il semplice latte  abbassa il colesterolo, come dimostra la letteratura scientifica (si veda St-Onge, Farnworth e Jones, 2000) e un’analoga azione ipocolesterolemizzante hanno i latticini fermentati, come yogurt e kefir. Allora, perché citarli in relazione alle terribili malattie cardiovascolari, tristemente note per essere il primo killer al mondo? Scopriamolo assieme.

Prima di tutto, uno sguardo alle malattie cardiovascolari…

Rappresentano la prima causa di morte in Europa e nel mondo e ogni anno aumenta la loro incidenza: secondo i dati aggiornati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2008 i decessi dovuti a queste patologie sono stati 17,3 milioni, e al ritmo attuale di crescita si toccheranno i 23,3 milioni di persone entro il 2030.  Comprendono infarto (malattia coronarica), ictus (malattia cerebrovascolare), arteriopatie periferiche, embolia polmonare e trombosi venosa profonda.  Notare: circa il 50% di esse è dovuta a ipertensione (dati OMS), ma risulta associata anche al livello glicemico: circa il 60% dei pazienti diabetici, infatti,  muore per problemi cardiovascolari (“Prevention of Cardiovascular Disease”, OMS).  Si tratta di patologie terribili, prima causa anche di disabilità e ridotta qualità di vita, ma facilmente prevenibili.

I fattori di rischio sono legati soprattutto alle abitudini alimentari: dieta sbilanciata, sovrappeso, consumo nocivo di alcol e consumo di tabacco, sedentarietà rappresentano i fattori  di rischio primari.  Da soli, i fattori comportamentali primari sono responsabili di circa l’80% delle malattie coronariche e cerebrovascolari. Ufficialmente, smettere di fumare, ridurre il consumo di sale da cucina, consumare frutta e verdura, fare una regolare attività fisica ed evitare il consumo nocivo di alcol costituiscono le strategie di prevenzione primaria (dati OMS). In realtà, come vedremo, sono più cruciali quelli considerati fattori di rischio intermedi: ipertensione, iperglicemia e profilo lipidico alterato (colesterolo LDL, HDL e trigliceridi), obesità e sovrappeso. A livello intermedio si può intervenire prevenendo o curando l’ipertensione, contrastando l’iperglicemia  e il diabete e ripristinando adeguati livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue (dati OMS). In parole povere, limitando l’apporto di sale, zuccheri e grassi (Come posso evitare infarto e malattie cardiache?, OMS)

 Latte e latticini: i paradossi della loro rischiosità

Primo paradosso: se il latte e i latticini fermentati abbassano il colesterolo, come mai i prodotti caseari sono associati al rischio cardiovascolare?  Ciò avviene perché l’allevamento intensivo dei bovini, la mancanza di vita all’aperto e l’alimentazione modulata arricchiscono di grassi dannosi il loro latte: e dunque il rischio cardiovascolare aumenta sensibilmente quando il latte proviene da mucche allevate in modo innaturale e i cui ritmi di lattazione vengono forzati.

Dairy Cows in a Milking Parlor

Secondo paradosso: è indubitabile che la maggioranza dei prodotti lattiero-caseari contengano grassi saturi e colesterolo.  Eppure, la ricerca scientifica  sta rivedendo il concetto che da soli i grassi saturi e il colesterolo conducano alle malattie cardiovascolari e al loro corteo di patologie correlate. Nell’ottobre 2013 il prestigioso British Medical Journal ha pubblicato un articolo in cui si afferma che mentre prodotti da forno, fast food, margarine e grassi trans sono universalmente riconosciuti come responsabili dell’aumento delle malattie cardiovascolari, per i grassi saturi la questione è diversa:

“Il mantra che i grassi saturi devono essere eliminati per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari ha dominato i consigli dietetici e le linee guida per quasi quattro decenni. Eppure, i dati scientifici dimostrano che questo consiglio ha paradossalmente aumentato i nostri rischi cardiovascolari. Inoltre, l’ossessione del governo per i livelli di colesterolo totale ha portato al sovradosaggio di milioni di persone con statine e ha distolto la nostra attenzione dal fattore di rischio più eclatante per la dislipidemia aterogenica.”

Questo fattore di rischio sta nell’eccessivo consumo di carboidrati. Aver ridotto i grassi saturi nella dieta, elevando però la quantità di carboidrati e di grassi trans, ha fatto letteralmente schizzare i valori dell’obesità e, soprattutto, non ha condotto al alcun risultato nella lotta alle patologie cardiovascolari.  In un mondo ideale, un buon formaggio proveniente da mucche al pascolo e consumato una volta ogni tanto, con un ricco contorno di verdure, potrebbe costituire perfino una sana prelibatezza…. ma il problema dei grassi derivati dai latticini è aggravato dalla circostanza che questi alimenti vengono abitualmente consumati con farinacei (pane, pasta, crostini, crackers, pizza).  Secondo Robb Wolf (autore di “La paleodieta”) ciò spiega anche perché francesi, spagnoli e greci, che mangiano più grassi degli americani, sono molto più magri e soffrono in percentuale molto minore di patologie cardiovascolari.  Ciò perché nella loro alimentazione tradizionale non hanno lo stesso spazio i carboidrati. Ricordiamoci che il 60% dei diabetici muore per patologie di questo tipo.

Purtroppo per noi, non viviamo in un mondo ideale. Le mucche vengono allevate  nelle stalle, forzate a produrre latte in modo intensivo, imbottite di medicinali e nutrite con mangimi ad alto tenore glicemico. Il latte, già problematico per la maggioranza degli individui, diventa così un alimento innaturale e industriale, ricco di grassi insalubri. I formaggi e gli altri latticini ottenuti con questi latti industriali, specie se consumati assieme a ricche portate di carboidrati (siamo italiani…) sono  la via più sicura per l’aumento di peso e l’incremento del rischio cardiovascolare.

cuore e salute

Il problema del sodio

I formaggi sono sempre pericolosi per la loro ricchezza in sale comune (cloruro di sodio, o sale da cucina). Come abbiamo visto, circa il 50% delle malattie cardiovascolari ha origine da un’elevata pressione del sangue: il consumo di alimenti ricchi di sodio diventa quindi un forte fattore di rischio. Secondo le già citate Linee guida per la prevenzione dell’aterosclerosi del Ministero della Salute italiano, consumi elevati di sale aumentano il rischio cardiovascolare e renale, con meccanismi indipendenti dalla pressione arteriosa e quindi anche nei soggetti normotesi.  Per tutti, quindi, il consumo di sale comune non dovrebbe superare i 6 g al giorno, che corrispondono a 2,4 g quotidiani di sodio.  I formaggi ne contengono elevate quantità, specie se stagionati: il parmigiano 1,6 g (cloruro di sodio su 100 g di prodotto), 1,2 il pecorino, 1 g i formaggini confezionati. Da aggiungere all’enorme contenuto di sodio dei prodotti industriali (anche zuppe di verdura, biscotti e dolci), degli insaccati e dei prodotti conservati. Il sodio è talmente diffuso che oggi riuscire a restare sotto la sua soglia di sbarramento è un’impresa titanica.  Nel mondo ideale di cui sopra non ci sarebbero problemi, perché useremmo sale marino e/o sale rosa Himalaiano… ma questa è un’altra storia, e la racconteremo presto!

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LATTE E LATTICINI, UN VIAGGIO TRA LE RAGIONI DEL NO, tutte le tappe:

 

Author: Agnese Moretti

Da sempre appassionata dai temi del benessere psicofisico, dell’alimentazione e della medicina naturale, degli stili di vita rispettosi dell’ambiente, dei diritti e della salute umana, della spiritualità, sono psicologa ed attualmente in corso di formazione come naturopata presso l'Istituto di Medicina Naturale di Rimini. Mamma di 4 figli, amo la vita e la natura, e riescono ad affascinarmi ancora le piccole e grandi occasioni di incontrare la bellezza nella vita di ogni giorno.

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